I sindacati hanno indetto per lunedì 24 ore di sciopero e una grande manifestazione di protesta a Taranto
Situazione d’allarme occupazionale all’Ilva di Taranto. Si è sparsa la notizia che nel centro siderurgico tarantino ci sarebbero 4000 esuberi. Il consiglio di fabbrica ha proclamato per questo per tutti i lavoratori, interni e dell’indotto, 24 ore di sciopero per lunedì prossimo 9 ottobre. Fim, Fiom, Uilm e Usb invitano i lavoratori ad aderire in massa alle iniziative di mobilitazione e di lotta messe in campo per impedire ad Am Investco e governo, si legge in un comunicato “ di sbeffeggiare ulteriormente un territorio già fortemente devastato dal punto di vista ambientale, sanitario e occupazionale". All'Ilva "non ci sarà alcun licenziamento - spiega il ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti - perché tutti quelli che non saranno assorbiti dalla società del nuovo investitore resteranno dipendenti dell'Ilva in amministrazione straordinaria e saranno impiegati per le attività di bonifica e risanamento ambientale nelle zone attorno il perimetro aziendale". “Dopo gli undici Decreti, con i quali il Governo ha prorogato i termini per la realizzazione degli interventi di ambientalizzazione della Fabbrica e ha separato la valutazione sanitaria dall'Autorizzazione Integrata Ambientale- dice il consigliere regionale, Mino Borraccino, Presidente della II Commissione - scopriamo la drammatica realtà per i lavoratori, contenuta nel piano industriale di Arcelor Mittal. L'acquirente indiano, infatti, prevede 4000 esuberi, di cui 3600 a Taranto, per i quali vi è solo un impegno generico di futura assunzione in una società esterna che dovrebbe occuparsi di lavori di ambientalizzazione. Un danno gravissimo per il reddito di migliaia di famiglie e per il futuro economico Tarantino e non solo- dice sempre Borraccino - La promessa di riassumere, non si sa quando, queste migliaia di dipendenti, con nuovi contratti, significa anche qualcos'altro: l'eventuale assunzione avverrebbe con il "JobsAct", e quindi tutti quei lavoratori dovranno rinunciare ai diritti”.