Intervenuto nel corso di Fuoricampo, il difensore del Monopoli ha parlato a 360 gradi del momento del Monopoli e ha replicato duramente alle dichiarazioni di Simeri
Ieri sera, nel corso di Fuoricampo, Nicola Bizzotto ha parlato a 360 gradi del momento del Monopoli.
MOMENTO E PROSPETTIVE
«Ci mancano quattro partite e dobbiamo considerarle come se fossero quattro finali. Abbiamo un obiettivo da raggiungere, per il quale abbiamo faticato tanto. È nostra intenzione rimetterci subito in careggiata: purtroppo, il calcio è questo, la nostra stagione è stata fatta di alti e bassi. Stiamo vivendo un momento molto negativo, perché quando perdi quattro partite consecutive significa che c’è da dare una svolta il prima possibile. Il campionato sta finendo, abbiamo poco tempo e tanto lavoro da fare. Francavilla? Sappiamo la loro forza in casa. Non è una giustificazione, perché due anni fa siano andati a vincere lì e il campo è lo stesso. Siamo andati in difficoltà sul piano fisico perché non siamo riusciti a tenere il loro stesso ritmo nei primi minuti e dopo abbiamo sempre rincorso. Ora dobbiamo seguire la parte tecnica ed essere coesi».
DURISSIMA REPLICA A SIMERI
«Io credo che bisogna far parlare il campo. Le chiacchiere extra-campo non contano nulla, ma è stata toccata una cosa che, per me calciatore, per me sportivo, è sacra, cioè il concetto di gruppo, visto che è stato attaccato lo spogliatoio. Un ex compagno che, a distanza di quattro mesi, racconta ai media che a Monopoli ha trovato uno dei gruppi peggiori della sua vita, ha colpito in primis me, come persona, e tutti i miei compagni. Simeri ci ha infangato prima di tutto come persone. La prestazione in campo è oggettiva, ma raccontare ciò che avviene nello spogliatoio non va bene, soprattutto quando si parla di cose che non sono vere. La maggior parte di questo gruppo è composta da persone che hanno fatto del gruppo stesso l’arma vincente, solo pochi mesi fa. Questo gruppo ha portato una squadra che, all’inizio della scorsa stagione aveva poche ambizioni, a giocarsi un quarto di finale play-off contro squadre ben più quotate. Quello che mi sento di dire è: 1) Se una persona vuole dire determinate cose, lo può fare nel giorno in cui si saluta, davanti a tutti, perché ci sta che una persona non si trovi bene con determinate persone. È umano. Semplicemente, le cose vanno affrontate a quattr’occhi, oppure chiusi in uno spogliatoio tutti insieme; 2) Troppo facile fare queste dichiarazioni dopo che si fanno cinque-sei gol mentre noi abbiamo perso tre partite in una settimana e siamo in un momento di difficoltà, avendo cambiato pure allenatore. Era il momento perfetto, per lui, per innalzarsi e dire “il mio l’ho fatto, quindi loro stanno andando male e non ero io il problema”. Nessuno, tra di noi, aveva mai identificato Simeri come un problema. Anzi, un gruppo marcio, come è stato definito da lui, probabilmente gli avrebbe dato meno pacche sulla spalla e lo avrebbe protetto meno di quanto, invece, il gruppo ha fatto. Io per primo, in giro per Monopoli, ho ricevuto domande della gente su di lui. Io ho sempre risposto che era un momento in cui la squadra era tutta in difficoltà, da Simeri a Bizzotto agli altri. Io ho sempre protetto il giocatore, quindi, prima di fare determinate dichiarazioni, bisogna analizzare il proprio percorso e il contributo dato alla squadra, perché stiamo parlando di un ragazzo su cui puntavamo tanto ma a cui nessuno ha fatto pesare nulla. Sono rimasto male, perché, io in primis, agli occhi della gente, sono passato per quello che non sono, come un ragazzo che ha accolto male una persona da cui tutti si aspettavano tanto. Il calcio non è una scienza esatta, ma non importa. Ma bisogna avere l’umiltà di riconoscere che non si è stati all’altezza e di prendersi le proprie responsabilità. In questo caso specifico, penso che la persona sappia che ha sbagliato, perché le sparate si fanno ai pulcini, non quando hai trent’anni tramite i media, soprattutto quando una squadra, in cui hai giocato e i compagni ti hanno sempre sostenuto, è in difficoltà. Non volevo parlarne, ma non permetto a nessuno di toccare il gruppo».