L'operazione è stata condotta dalla Guardia di Finanza di Lecce e disposta dalla procura di Potenza.
Il nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Lecce nell'ambito di un'inchiesta della procura di Potenza che ha riguardato ipotesi di reato contro la pubblica amministrazione ruotati attorno alle consulenze concesse dal Tribunale fallimentare ha arrestato e posto ai domiciliari il magistrato originario di Monopoli Pietro Errede. Gli altri arrestati ai domiciliari sono: Alberto Russi, compagno del magistrato, avvocato, e tre commercialisti: Massimo Bellantone, Emanuele Liaci, Marcello Paglialunga. Dieci in tutto gli indagati. Nell'ambito dell'indagine un anno fa erano state eseguite perquisizioni anche in uno studio legale di Monopoli. Il giudice Errede ha prestato servizio a Lecce fino a qualche mese fa, poi si è trasferito a Bologna dopo un procedimento (archiviato) per incompatibilità ambientale del Csm. Le indagini partirono da un esposto e poi dalle dichiarazioni rese il 21 settembre 2021 da Saverio Congedo e Michele Macrì, amministratori giudiziari di due imprese al centro di una articolata vicenda, al culmine della quale era stato poi proposto l’inserimento di un “coadiutore”, persona per l’appunto alquanto vicina a Errede. Da qui una serie di ulteriori verifiche. I due denuncianti avrebbero mostrato gli screenshot delle conversazioni whatsapp ai pm di Potenza. Dalle captazioni telefoniche sarebbe poi emerso un quadro che ha portato alla esigenza di compiere perquisizioni. In questo contesto, si legge nella nota della Procura, si accertava, sempre a livello di gravità indiziaria, che presunti intermediari del giudice Errede (in questa vicenda estraneo ai fatti) – in particolare gli indagati Massimo Bellantone (in relazione la quale il Gip ha ritenuto sussistente la contestata forma consumata ) e il compagno del magistrato, l’avvocato Alberto Russi (in relazione al quale li gip ha ritenuto dimostrata l’estorsione tentata e non consumata) – costringevano (all’insaputa di Errede) soggetti privati le cui aziende erano sottoposte ad amministrazione giudiziaria a pagare loro il corrispettivo di 20.000 euro, per un Rolex, in realtà già pagato realmente anche se ad un prezzo vantaggioso, dallo stesso Errede. La somma, tuttavia, non sarebbe mai stata corrisposta al magistrato. Le indagini – continua la Procura – avrebbero disvelato non solo un abuso delle pubbliche funzioni da parte del giudice Errede ma, anche, un meccanismo di reciproco scambio.