Casarano-Monopoli: cronaca (vera e virtuale) di un derby "da sogno"

Autore Domenico Dicarlo | dom, 02 nov 2025 08:58 | 1796 viste | Derby-Casarano-Monopoli

Dallo sliding doors in campo all'assenza dei tifosi al "Capozza" alla festa collettiva all'arrivo della squadra: un lungo pomeriggio chiuso con l'abbraccio del "Veneziani". 


Ventuno anni. Un’attesa lunga una generazione, fatta di racconti tramandati, di ricordi sbiaditi e di sogni mai sopiti. Casarano-Monopoli non è stato solo un derby: è stato un rito collettivo, un ritorno alle radici, un abbraccio tra passato e presente. Eppure, il silenzio degli spalti del “Capozza” ha pesato come un macigno. L’unico neo, sì, ma non da poco. Perché un derby senza tifosi è come una festa senza musica. Eppure, il cuore biancoverde ha battuto forte lo stesso. Prima durante la partita, poi, al ritorno, al “Veneziani”, è esploso in una festa che ha travolto tutti, è proprio il caso di dirlo: un abbraccio collettivo, sincero, viscerale. Nessuno si è tirato indietro. Nessuno ha voluto perdersi quel momento. La partita? Un film. Una pellicola che scorre su binari paralleli, come in “Sliding Doors”. Il Casarano ha avuto il suo treno, tre volte. Tre occasioni per chiudere il discorso, per mettere il punto esclamativo. Lo ha perso e il destino, si sa, ama le svolte improvvise. E così, dal nulla, ecco il rigore. Un episodio che cambia tutto, che ribalta il copione e lo riscrive in chiave biancoverde. Da lì, il Monopoli non si è più voltato indietro. Merito anche di Colombo, che ha letto la partita con lucidità e coraggio. Dentro Volpe, non Tirelli. Perché serviva accorciare, non allungare. Serviva cucire, non strappare. E poi Piccinini, al posto di Angileri, peraltro acciaccato nel riscaldamento. Una scelta che si è rivelata azzeccata: Piccinini ha interpretato il ruolo come Colombo lo aveva immaginato, come un braccetto che non si limita a difendere, ma che accompagna, che si inserisce, che dà respiro all’azione. E poi, la magia. Quella di John “The Fox” Volpe, che ha trasformato il vantaggio in poesia. Un colpo di genio e non di sregolatezza, da uomo che sa quando colpire. E il secondo gol consecutivo di Miceli ha fatto il resto, ha chiuso il cerchio, ha sigillato una vittoria che è molto più di tre punti. È orgoglio e memoria. Perché questo derby non è stato solo una partita. È stato un ritorno. Un ritorno a quella rivalità che non ha bisogno di parole, che si nutre di sguardi, di gesti, di storie. Non quelle social, calde per finta. Le storie vere, quelle vissute con panini e birre negli zaini, con gli occhi ben aperti perché “sei in trasferta e non si sa mai”. Non un mero calcolo di effimere visualizzazioni, ma risate ed emozioni vere, vissute al fianco di chi, magari, ti è amico per la pelle ma anche di chi a malapena ne conosci il nome. È vero, sabato pomeriggio tutto questo non è stato vissuto direttamente. Ma la mente e il cuore, si sa, possono arrivare ovunque. E allora fate finta che quel settore ospiti, sabato pomeriggio, non fosse vuoto. Tutto il resto verrà da sé.

 

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