L'operazione 'Radici' è stata condotta dalla Guardia di Finanza con il sequestro di beni per due milioni di euro.
Dalle prime luci dell’alba, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di
Finanza di Bari ha dato esecuzione a un’ordinanza emessa dal competente G.I.P. del
locale Tribunale applicativa della misura cautelare personale nei confronti di 6 soggetti,
di cui 1 in custodia cautelare in carcere e 5 agli arresti domiciliari, nonché del sequestro
diretto e per equivalente ai fini della confisca di beni a carico di 4 imprese per un valore di
circa 2 milioni euro.
Il provvedimento cautelare si fonda su un compendio gravemente indiziario a carico dei
predetti soggetti indagati, a vario titolo, per i reati di tentata concussione, corruzione per
atto contrario ai doveri d’ufficio, falsità ideologica del pubblico ufficiale in atti pubblici,
truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche commessi a Bari e in
provincia di Foggia nel periodo 2012 - 2020. Sono, complessivamente, 21 le persone
indagate, di cui 3 pubblici ufficiali (tra dirigenti e funzionari) della Regione Puglia, 10
imprenditori operanti nel settore agricolo-forestale in provincia di Foggia e 8 consulenti
agronomi. Rispondono, invece, per responsabilità amministrativa dell’ente 4 imprese in
relazione al reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche
commesso dai rispettivi rappresentanti legali nel loro interesse e a loro vantaggio.
Il pertinente procedimento penale è stato avviato a seguito della denuncia sporta nel
febbraio 2020, presso un Reparto della Guardia di Finanza, da un libero professionista
nella quale segnalava che - nell’ambito dell’esecuzione dell’incarico di progettazione e
direzione lavori conferitogli da un’azienda agricola con sede in provincia di Foggia - aveva
ricevuto da un funzionario della Regione Puglia, in servizio nel capoluogo dauno, una
richiesta di denaro per la risoluzione di “problematiche” inerenti alla consegna della
documentazione oltre i termini previsti dal bando relativo al Programma di Sviluppo Rurale
(P.S.R.).
All’indomani della predetta denuncia sono stati avviati i necessari approfondimenti
investigativi da parte del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo P.E.F. Bari - coordinati
dalla locale Procura della Repubblica - eseguiti mediante intercettazioni ambientali,
telefoniche e telematiche, escussione di persone informate sui fatti, servizi dinamici di
osservazione e pedinamento, perquisizioni e analisi della documentazione sequestrata,
nonché approfondimento di segnalazioni per operazioni sospette inoltrate dal Nucleo
Speciale di Polizia Valutaria e indagini finanziarie (operazione convenzionalmente
denominata “Radici”).
Le complesse indagini svolte hanno consentito di disvelare l’esistenza di un comitato
d’affari composto da funzionari della Regione Puglia, imprenditori agricoli e
consulenti agronomi di loro fiducia operanti in provincia di Foggia nel settore della
silvicoltura, che aveva come obiettivo l’illecito conseguimento degli aiuti economici
erogati dall’Unione Europea, dallo Stato Italiano e dalla Regione Puglia per gli interventi
forestali inseriti nel Programma di Sviluppo Rurale (P.S.R.), finanziato mediante il Fondo
Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (F.E.A.S.R.).
Lo schema criminoso ricostruito dalle Fiamme Gialle baresi era basato su una sorta di
“trittico” - corruzione, falso per induzione e truffa aggravata - in quanto il patto
corruttivo stipulato “a monte” tra i pubblici ufficiali infedeli e gli imprenditori e/o i rispettivi
consulenti generava e alimentava le altre condotte delittuose di falso e truffa connesse e
funzionali all’illegittimo conseguimento dei finanziamenti pubblici. Ciò secondo un preciso
e collaudato modus operandi: una volta raggiunta l’intesa corruttiva e in forza della stessa
si predisponevano di concerto i “documenti necessari e prescritti” dalla normativa di
settore in modo da creare un’apparente ricorrenza delle condizioni legittimanti
l’ammissione ai finanziamenti pubblici e, per tale artificiosa via, si induceva in errore l’Ente
pubblico erogatore, ovvero l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA). Gli atti finali
emessi dall’Ente - che attestavano l’esistenza dei requisiti e delle condizioni prescritte per
avere accesso alle erogazioni pubbliche - erano, quindi, falsi indotti dall’erronea
rappresentazione artificiosamente posta in essere dai privati (imprenditori e consulenti) di
concerto con i pubblici ufficiali “istruttori”.
In particolare, come accertato nel corso delle attività investigative, l’illecito “sistema”
consentiva ai richiedenti l’aiuto di incrementare il punteggio loro assegnato in sede di
presentazione della domanda di sostegno (“DdS”) attraverso un meccanismo truffaldino,
articolato in false attestazioni e altri artifici, volto ad alterare l’esito dell’istruttoria finalizzata
alla formazione delle graduatorie di ammissibilità ai finanziamenti. Una volta ottenuta la
concessione dell’aiuto, il “sistema” prevedeva, generalmente, le seguenti ulteriori fasi: il
funzionario regionale operante a Bari informava il proprio collaboratore dislocato a Foggia,
tramite messaggi inviati con l’applicazione informatica “WhatsApp”, delle liquidazioni degli
aiuti deliberati dalla Regione Puglia in favore delle ditte “favorite” di loro interesse; il
funzionario regionale di Foggia, ricevuto il messaggio, si incaricava di contattare
telefonicamente i beneficiari dell’aiuto, chiedendo loro un incontro finalizzato alla
riscossione delle indebite somme di denaro precedentemente pattuite; dopo aver riscosso
l’illecito compenso lo stesso funzionario dauno si recava a Bari dove consegnava una
parte del denaro al collega (attualmente in quiescenza). In tale contesto è stata accertata
la dazione/promessa di “tangenti” per un importo complessivo di circa 110.000 euro in
relazione all’illecito accoglimento di 26 istanze di finanziamento presentate dagli
imprenditori indagati che, così, hanno indebitamente percepito aiuti economici per oltre
2,7 milioni di euro, tra l’altro, in parte distratti dai conti correnti aziendali e utilizzati per
scopi meramente personali.
In alcune occasioni il funzionario dislocato a Foggia - nell’istruire le pratiche di
finanziamento - ometteva di rilevare delle criticità che, qualora debitamente evidenziate,
avrebbero comportato l’inammissibilità della domanda di aiuto.
Inoltre, le indagini hanno fatto emergere - all’interno di questo “sistema” consolidato - una
pluralità di condotte fraudolente consistenti in: utilizzo di fatture soggettivamente e/o
oggettivamente inesistenti; presentazione di altrettante fasulle “dichiarazioni liberatorie”
attestanti l’avvenuto pagamento delle fatture; utilizzo delle provviste finanziarie giacenti su
diversi conti correnti bancari gestiti da un unico soggetto il quale, per simulare l’avvenuto
pagamento delle false fatture, ricorreva a delle “partite di giro” da un conto corrente
all’altro.
Nel presente procedimento è indagato a piede libero per le ipotesi delittuose di rivelazione
e utilizzazione di segreti di ufficio, omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale
e favoreggiamento personale, un dirigente della Regione Puglia in servizio presso il
Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale ed Ambientale e superiore gerarchico dei citati
funzionari regionali, il quale - dopo avere ricevuto da un tecnico agronomo precise
informazioni in ordine alla commissione di fatti reato posti in essere dai 2 funzionari (che
avrebbero formulato “richieste estorsive” in relazione all’istruttoria delle domande di
partecipazione ai bandi regionali riguardanti il P.S.R.) - avrebbe omesso di farne denunzia
alle competenti Autorità e avrebbe rivelato tale riservata notizia ai citati 2 pp.uu., così
anche aiutandoli ad eludere le investigazioni dell’Autorità.