Per l’export di vino della Puglia nel 2023 è un timido +3%: pesano costi produzione e gap logistico

Autore Redazione Canale 7 | sab, 11 nov 2023 11:33 | 635 viste | Coldiretti-Puglia Vino Agricoltura Attualità

Ma la Puglia è la seconda regione d'Italia per vendite di vini Igp.

E’ un timido 2023 per l’export del vino pugliese che si ferma ad +3% nel primo semestre dell’anno, contro un crescita del 38% segnata negli ultimi 5 anni. E’ quanto emerge dall’analisi di Coldiretti Puglia, sulla base del report di Nomisma Wine Monitor su dati Istat, che registra l’andamento delle esportazioni del vino pugliese nei primi 6 mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

 

Il principale mercato estero dei vini pugliesi è rappresentato dall’UK con il 39,7% dell’export – spiega Coldiretti Puglia - seguito da Albania con + 28%, Paesi Bassi+22,2%, Francia con +15,2%, Germania con + 10,5% e Stati Uniti con +6,5%, mentre i vini pugliesi perdono quota in Cina con – 34,9%, Svezia con -22,9% e Svizzera con -10,2%.

“La contrazione dei volumi di vendita – afferma Alfonso Cavallo, presidente di Coldiretti Puglia - sia sul mercato interno che su quello estero, le fluttuazioni dei prezzi di mercato in un’annata già critica per l’andamento climatico sfavorevole con la peronposra che ha tagliato la produzione, a fronte del considerevole incremento dei costi di produzione, sta riducendo considerevolmente i margini aziendali, con il serio rischio non solo di mettere in difficoltà le imprese ma di avere una negativa forte ripercussione sui produttori”, spiega il presidente Cavallo nell’aggiungere che l’’impennata del costo del vetro cavo per le bottiglie, con un aumento che ha raggiunto il +58% negli ultimi due anni, si aggiunge al pesante gap logistico nazionale e frena l’export del vino Made in Italy nel mondo”.

 

“Il vino testimonia un processo di grande specializzazione che va promosso, realizzato da un sistema di imprese che si è posto l’obiettivo –aggiunge il direttore di Coldiretti Puglia, Pietro Piccioni  – di offrire nel bicchiere un intero territorio fatto del patrimonio genetico dei suoi vitigni, delle sue ricchezze endogene, del clima, di paesaggio, di testimonianze artistiche e naturali. Ecco a cosa servono i marchi di qualità, a difenderci dagli attacchi dei falsari e a valorizzare la tipicità e la localizzazione del prodotto. La rintracciabilità ed i marchi, peraltro, non sono meri principi teorici e filosofici, piuttosto valori economici che le imprese agricole e l’intero territorio di produzione devono saper difendere e promuovere.”.

 

Si stima tra l’altro che il vino offra durante l’anno opportunità di lavoro ad un milione e duecentocinquantamila italiani tra quanti sono impegnati direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse, di servizio e nell’indotto che si sono estese negli ambiti più diversi: dall’industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle assicurazioni, da quella degli accessori, come cavatappi e sciabole, dai vivai agli imballaggi, dalla ricerca e formazione alla divulgazione, dall’enoturismo alla cosmetica e al mercato del benessere, dall’editoria alla pubblicità, dai programmi software fino alle bioenergie ottenute dai residui di potatura e dai sottoprodotti della vinificazione (vinacce e raspi).

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