Corsa all’acquisto di olive dei frantoiani salentini dalle province di Bari e BAT.
I magazzini di stoccaggio in Puglia sono pieni di 10 milioni di chili di olio extravergine d’oliva straniero con un aumento di quasi il 21% rispetto all’anno precedente. E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti Puglia su dati di ‘Frantoio Italia’ al 15 dicembre 2019 rispetto allo stesso periodo del 2018 dell’Ispettorato Centrale Repressioni Frodi (ICQRF) del Ministero delle Politiche Agricole, in relazione ai prezzi in caduta libera dei prezzi dell’oro verde che stanno mettendo in ginocchio la produzione regionale, proprio nell’annata della ripresa dopo il crollo fino all’85% della produzione olearia registrato nel 2018 a causa delle gelate.
“Dall’anello più debole della catena fino alla trasformazione, tutta la filiera dell’olio è strozzata da pratiche commerciali che hanno fatto crollare del 40% il prezzo dell’olio. L’invasione di olio d’oliva spagnolo con le importazioni che nel 2019 sono cresciute in quantità del 48% non fanno che aggravare la situazione con gravi ripercussioni sul mercato e sull’Uliveto Italia”, denuncia Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.
Intanto, è corsa all’acquisto da parte di frantoiani salentini di olive prodotte nelle province di Bari e BAT, che con la produzione in provincia di Lecce ridotta al lumicino dopo 6 anni di Xylella, hanno acquistato e molito le olive dei cugini baresi.
“Cooperative e frantoi che hanno sempre fatto olio extravergine di qualità – aggiunge il presidente Muraglia - non rinunciano certamente ad una scelta aziendale di trasparenza e al rapporto fiduciario con i consumatori. A causa della Xylella fastidiosa sono andate perse quasi 3 olive su 4 in provincia di Lecce con il crollo del 73% della produzione di olio di oliva, secondo un’analisi dei dati del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN). Ma i frantoiani non si sono dati per vinti, tenendo viva la filiera olearia salentina, acquistando olive dalle province di Bari e BAT”.
Per tutelare l’immenso patrimonio valoriale della filiera olivicola pugliese serve intensificare l’attività di controllo e vigilanza anche per evitare che vengano spacciati come nazionali prodotti importati ma è anche necessario al più presto il recepimento della direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali del 17 aprile 2019 – continua Coldiretti - per ristabilire condizioni contrattuali più eque lungo la catena di distribuzione degli alimenti, con l’introduzione di elementi contrattuali e sanzionatori certi rispetto a prassi che finora hanno pesantemente penalizzato i produttori.
“Le speculazioni in campagna vanno stanate sui banchi di vendita al consumo. In una bottiglia di olio venduta sugli scaffali della grande distribuzione a 2/3 euro è impossibile sia contenuto olio extravergine di oliva perché non coprono neanche i costi di produzione. L’olio extravergine di oliva made in Italy non può essere venduto a meno di 7-8 euro al litro allo scaffale. Bisogna guardare con più attenzione le etichette, acquistare oli sulla cui etichetta è esplicitamente indicato che siano stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane o di acquistare direttamente da aziende olivicole e frantoiani che fanno della tracciabilità il fiore all’occhiello aziendale”, conclude il presidente Muraglia.
Accanto alla formula tradizionale del 3×2 ed ai punti a premio – aggiunge Coldiretti Puglia - si sono moltiplicate e differenziate le proposte delle diverse catene per renderle meno confrontabili tra loro e più appetibili ai clienti, dalle vendite sottocosto che devono seguire regole precise ai buoni spesa. Tra i prodotti alimentari venduti in offerta più frequentemente ci sono quelli simbolo della dieta mediterranea che non possono mancare sulle tavole degli italiani e hanno un effetto calamita sui clienti a partire proprio dall’olio di oliva.
Occorre approvare la proposta di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Gian Carlo Caselli, presidente del comitato scientifico della Fondazione Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti, perché i contratti tra gli attori che operano lungo le filiere del cibo sono presupposto di valore per le produzioni locali, di remunerazione dignitosa per gli imprenditori agricoli e di qualità per i consumatori.
A favorire gli arrivi di olio straniero dall’estero è la mancanza di trasparenza nonostante sia obbligatorio indicarla per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009. Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati – denuncia Coldiretti - è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva. La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile. Inoltre spesso bottiglie con extravergine ottenuto da olive straniere sono vendute con marchi italiani e riportano con grande evidenza immagini, frasi o nomi che richiamano all’italianità fortemente ingannevoli. I consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente.
Ma c’è poca chiarezza anche nei ristoranti dove andrebbero fatte rispettare le normative vigenti in una situazione in cui nei locali – conclude Coldiretti – è fuorilegge 1 contenitore di olio su 4 (22%) che non rispetta l’obbligo del tappo antirabbocco, entrato in vigore con la Legge 30 Ottobre 2014, n. 161 che prevede anche sanzioni e la confisca del prodotto.