La drop house è stata ricavata da un bene confiscato alle mafie e ha come obiettivo il reinserimento delle donne nel mondo lavorativo.
BARI - Questa mattina mercoledì 9 novembre, in una villa confiscata al clan Capriati, sul litorale di San Giorgio, in via Giovine 59, è stata inaugurata la prima drop house destinata alle donne vittime di tratta: un centro diurno che sarà luogo di ascolto, aggregazione, formazione e inclusione lavorativa, promosso dalla cooperativa sociale C.A.P.S. e dall’associazione Micaela onlus in partenariato con la cooperativa sociale ARTES, l’associazione culturale Origens e con il sostegno del Comune.
All’evento sono intervenuti il ministro degli Interni Matteo Piantedosi, il sindaco di Bari Antonio Decaro, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, gli assessori comunali al Patrimonio, Vito Lacoppola, e al Welfare, Francesca Bottalico, il presidente del C.A.P.S. Marcello Signorile, la vicepresidente dell’associazione Micaela onlus Pilar Solis e don Vito Piccinonna, vicario del vescovo.
La struttura, affacciata sul mare ed estesa su una superficie di circa 600 mq, era stata concessa dal Comune di Bari nel 2009 al C.A.P.S., grazie all’impegno di Stefano Fumarulo, alla guida dell’Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalità organizzata del Comune di Bari, con l'obiettivo di riconvertirla a fini sociali.
Dopo un complesso iter tecnico-amministrativo per la sanatoria di abusi edilizi presenti sulla villa, l’immobile confiscato alle mafie è stato interessato da importanti lavori di ristrutturazione e da un progetto di riconversione funzionale, finanziato dalla Fondazione Con il Sud nell’ambito del Bando “Iniziativa Immigrazione 2017”.
Gli interventi hanno riguardato l’intero complesso e le aree esterne, trasformando la villa appartenuta a un clan locale in un centro accogliente e moderno, dotato di due uffici, una sala polifunzionale, servizi igienici, magazzino e porticato esterno, con affaccio su un’ampia area a verde impreziosita da prato calpestabile.
L’idea del progetto Amaranta, è quella di agganciare in loco le donne che vogliano fuoriuscire dalla loro condizione di sfruttamento e violenza, proponendo azioni di emersione, presa in carico, formazione e inserimento lavorativo delle vittime nel campo della ristorazione e dell’ospitalità turistica.
Le risorse per la ristrutturazione del bene confiscato e lo start-up delle attività ammontano a circa 500.000 euro, di cui 380.000 finanziati dalla Fondazione Con il Sud, 100.000 di cofinanziamento da parte dei soggetti del partenariato e 20.000 finanziati dal Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell’ambito dei progetti di assistenza alle vittime di tratta, di cui la Regione Puglia è capofila.
“Quanto fatto qui è esemplare - ha affermato il ministro degli Interni Matteo Piantedosi - perché il progetto di altissimo valore sociale che verrà realizzato nell’immobile è il frutto di una convinta collaborazione tra istituzioni e terzo settore. Un’efficace azione antimafia non può essere solo repressiva ma deve fondarsi anche su una forte azione culturale e sociale che deve coinvolgere istituzioni e comunità cittadina”.
“Per Bari l’avvio del progetto Amaranta in una villa confiscata al clan Capriati significa mettere a segno un punto fondamentale sulla scacchiera della legalità che vede contrapposte le forze del bene e le forze del male - ha commentato il sindaco Antonio Decaro -. Crediamo che l’economia sociale rappresenti uno strumento importante per il cambiamento di quest’area oltre ad offrire un valido supporto alla crescita della comunità sostenendo le persone in situazione di particolare bisogno o fragilità”.
“Tagliare oggi questo nastro, inaugurare Amaranta, è per noi il segno tangibile di quale comunità intendiamo realizzare e dei valori in cui crediamo - ha sottolineato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano -. Quello della tratta di esseri umani oltre a rappresentare una violazione dei basilari diritti umani, è un fenomeno complesso e in costante evoluzione”.
“Il progetto Amaranta ha una forte valenza simbolica - ha dichiarato Pilar Solis, vicepresidente dell’associazione Micaela onlus - in quanto sorge in un bene confiscato alla criminalità organizzata barese, in uno degli epicentri del fenomeno prostitutivo della città di Bari. Gli operatori hanno esperienza e sensibilità per aiutare le donne impaurite ed emarginate, disorientate e discriminate”.
“Si calcola che in Italia nel 2022 circa 24-27.000 donne siano vittime di tratta, di queste circa il 5-8% sono minori - ha spiegato Marcello Signorile, presidente della cooperativa sociale C.A.P.S. - e il centro Amaranta è l’esito di un percorso svolto in Puglia sulla prevenzione e la tutela della dignità delle donne”.
“Ancora una volta la città di Bari si distingue per la qualità dei suoi progetti di riuso sociale dei beni confiscati, confermandosi virtuosa nella valorizzazione degli immobili sottratti alla criminalità organizzata e restituiti alla comunità - ha evidenziato l’assessore al Patrimonio Vito Lacoppola -. La tratta è un fenomeno particolarmente odioso, che riguarda migliaia di donne, spesso straniere, ridotte in schiavitù e costrette a vendersi per ripagare il debito contratto per arrivare nel nostro Paese”.
“Valorizzare un bene confiscato alla criminalità organizzata non rappresenta solo un atto simbolico, seppur importantissimo, del contrasto al potere mafioso da parte dello Stato, ma è un’azione concreta di riscatto di un’intera comunità - è il commento del presidente della Fondazione Con il Sud Carlo Borgomeo -”.